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Forestazione, perché la Uil sbaglia

A seguito delle recenti polemiche a mezzo stampa sulla costituzione dell’agenzia regionale forestale, il segretario generale della Fai Cisl Basilicata, Antonio Lapadula, ha rilasciato la seguente nota: “La posizione solitaria assunta dalla Uil sull’agenzia regionale forestale è scorretta nel metodo e sbagliata nel contenuto. È noto che sulla forestazione da tempo Fai Flai Uila, con il contributo delle segreterie confederali, stanno conducendo un lavoro unitario di elaborazione per conferire al settore un profilo di maggiore produttività in una moderna logica di filiera che possa attivare, dove possibile e rimarcando la funzione pubblica della forestazione, il contributo degli investitori privati, specie per quanto riguarda lo sfruttamento dei prodotti del sottobosco e l’impiego a scopo energetico degli scarti di lavorazione forestale.

Questo lavoro di elaborazione costituisce del resto uno dei punti qualificanti del Piano del Lavoro, della Crescita e della Coesione dove si parla esplicitamente della costituzione “all’interno del dipartimento Ambiente della Regione Basilicata di un’agenzia regionale forestale che abbia il compito di fare sintesi delle varie esperienze e tramutare in termini progettuali le linee guida dei piani forestali e dei piani di gestione, prevedendo come enti attuatori degli stessi le costituenti Unioni di Comuni e le due Province di Potenza e Matera”. L’obiettivo che ci proponiamo è superare l’attuale modello di governance basato sulle aree programma, modello che tanti disagi ha creato e continua a creare sulla operatività dei cantieri forestali e del progetto Vie Blu, come evidenziano le ricorrenti prese di posizione delle nostre organizzazioni nelle ultime settimane, non ultima quella sulla vicenda degli impiegati amministrativi e tecnici del progetto Vie Blu in provincia di Potenza.

Se di lavoro unitario si tratta, dunque, ci viene difficile comprendere l’impellente necessità evidenziata in questi giorni dalla Uil e dalla Uila di mettere il proverbiale carro davanti ai buoi e annunciare insostenibili miraggi occupazionali che sarebbero di difficile realizzazione. Affermare che con la costituzione dell’agenzia regionale forestale si possono creare 10 mila posti di lavoro, di fatto più che raddoppiando l’attuale platea, rischia di generare aspettative non veritiere tra i tanti, troppi disoccupati della nostra regione; lo diciamo noi della Cisl che non abbiamo fibrillazioni congressuali all’orizzonte o di altro tipo, e che abbiamo a cuore solo la risoluzione dei problemi concreti che attanagliano il settore.

La complessità della materia, insomma, avrebbe consigliato maggiore prudenza e, soprattutto, piena e preventiva condivisione delle posizioni, peraltro espresse a nome di tutti. A volte la ricerca del protagonismo, costi quel che costi, gioca brutti scherzi.

Noi crediamo che sulla forestazione sia necessario esercitare il massimo della serietà e del realismo. Unificare la gestione dei cantieri forestali, superando l’attuale frammentazione, è un obiettivo che va perseguito con pazienza riformatrice e costruito passo dopo passo, evitando proclami e fughe in avanti che sarebbero controproducenti, specie alla vigilia del confronto che Cgil Cisl Uil si apprestano a tenere con i partiti sulle proposte contenute nel Piano del Lavoro, ivi comprese quelle che riguardano la modernizzazione del settore forestale, un obiettivo troppo importante per essere vanificato sull’altare del protagonismo personale. Piuttosto che dispensare facili numeri da giocare sulla ruota della buona sorte, sarebbe il caso di mettere in sicurezza quanto conquistato in questi anni di dura lotta, a partire dalle 151 giornate, che per noi resta il primo e più importante obiettivo da raggiungere. Immaginare che il comparto forestale, in un contesto di penuria di risorse, possa diventare d’incanto la panacea della disoccupazione, ebbene è una pericolosa distorsione della realtà.

Quanto al coinvolgimento dei privati, è bene ricordare la storia fallimentare di tante esperienze che si sono consumate nella nostra regione, non ultima quella della Sma. La storia racconta che quando i privati si sono cimentati nella tutela del territorio hanno lasciato in eredità disoccupati e sperpero di risorse pubbliche. Di qui la necessità manifestatasi negli anni scorsi di ricondurre nell’alveo del settore pubblico queste attività, scelta oculata che ha generato risparmi nell’ordine del 40 per cento. Questo non vuol dire chiudere la porta ai privati. La stessa legge regionale n. 42 del 1998 prevedeva con grande lungimiranza e prevede tuttora la possibilità per gli investitori privati di intervenire nella filiera bosco-legno, ma i risultati sono stati scarsi. Pensiamo, allora, a come rimuovere concretamente gli ostacoli burocratici e le diseconomie che hanno impedito finora ai privati di investire sui prodotti del sottobosco, sulla fruizione turistica delle aree boschive appositamente attrezzate e sullo sfruttamento energetico degli scarti di lavorazione forestale, ma con serietà e realismo”.